martedì 19 febbraio 2013

PAROLA SENZA CONFINI (padre Paolo Latorre)

Padre Paolo è missionario comboniano, originario di Andria (Bari) sacerdote dal 1999. E' in Kenia dal 2004, ha lavorato nella Baraccopoli di Korogocho dal 2004 al 2011, dopo un breve periodo di studi e spiritualità è ritornato in Kenya (Nairobi) per lavorare nell'ambito amministrativo della provincia.
Se vuoi scrivergli, manda un’e-mail a: paolotlatorre@gmail.com
VANGELO DI DOMENICA 24 FEBBRAIO 2013, II DI QUARESIMA: Luca 9,28-36

CAMMINO DI FEDE

Leggendo e meditando questo passo in cui Luca ci racconta la salita verso il monte della Trasfigurazione, ho immaginato questa salita sul monte di Gesù, in compagnia di Pietro, Giacomo e Giovanni, come al cammino in salita della fede. Questo passo del Vangelo è un’icona chiara e bella che da luce e sapore all’anno della FEDE che stiamo vivendo.
Cos’è la FEDE? Di certo è un DONO. Come quello che hanno ricevuto gli apostoli e soprattutto Pietro, Giacomo e Giovanni che accompagnano Gesù in molte scene ed episodi del Vangelo.
Cosa me ne faccio di questo DONO? Un dono per molti inaspettato, per altri importante, per altri superfluo, per alcuni solo un pasticcio che complica la vita.
Il DONO della FEDE raggiunge il suo obiettivo se diventa DONO per gli altri, un DONO che si fa carne, azione e storia nella vita. 

Qui in Kenya siamo ad una settimana dalle elezioni presidenziali, l’aria si fa tesa, la speranza di un cambiamento che porti benessere per tutti è grande. E’ anche grande la paura del come si vivrà dopo le elezioni. Nel ricordo di molti c’è quello che è successo 5 anni fa (2007-2008). La campagna elettorale è stata dura. Quello che lascia perplessi è la giostra delle alleanze che si fanno e disfano nel giro di pochi giorni. Dei veri e propri “matrimoni politici” che sanno di fallimento già a vedere le facce di chi promette alleanza solo per interesse. Infatti non si fa fatica a capire che le alleanze sono fondate sulla speranza di poter spartire il bottino della ricchezza kenyana. Addirittura ci sono alleanze in cui si è detto “tu fai parte di questa alleanza ma poi al momento giusto giochi questa parte e ti ritiri!!”.
La gente è stanca di tutto questo. Se ne rende conto. Ha pochi mezzi per agire, visto che qui conta la parola del più forte, un forte dal quale c’è da sperare un po’ di buone briciole.
Uno degli aspetti di questa stanchezza della gente nei confronti della tribù dei politici (teatranti non degni di questo nome e realtà importante: LA POLITICA) è che la politica non dice più nulla, ha perso il suo FOCUS che è la relazione al mondo, il trovare la soluzione ai problemi tenendo presente il massimo delle realtà locali, nazionali e internazionali. Una politica che non è RELAZIONE è dannosa come una religione senza FEDE. 
Gesù questo lo sapeva bene, ecco la ragione di questa salita verso il monte della TRASFIGURAZIONE. E’ una salita che non chiarisce le cose per Pietro, Giacomo e Giovanni. E’ una salita che rassicura e dà consolazione che il cammino intrapreso è un cammino di VITA in pienezza. Nonostante Pietro, come me e tanti di voi, tenta di parlare e non sa cosa dire per la confusione, c’è la consolazione che questo cammino ha un senso grande per la vita.

E’ molto difficile scegliere oggi tra le varie scelte di vita e di impegno, meglio non scegliere, meglio lasciare tutto all’inerzia della storia guidata dai soliti potenti di turno!! Meglio arroccarsi sul monte della consolazione come i nostri tre amici che si trovavano così bene che volevano mettere le tende. Ma la VITA ci chiama a tornare sempre alla realtà e alla relazione con gli altri, è qui che si gioca la sfida della vita di ogni uomo e donna in questa ecumene di complessità e di grande diversità di ricchezze.
Un altro aspetto importante di questa salita al monte della Trasfigurazione è il messaggio di integralità della fede per la vita e la storia. Come DONO prezioso la FEDE è un dono per tutto l’essere umano, in tutte le sue dimensioni. Come diceva Paolo VI nella “Populorum Progressio”, se la salvezza che Cristo ci annuncia non è salvezza integrale, per tutto l’essere umano, allora non può essere salvezza. In questo tempo di secolarizzazione (tempo duro, ma importante per la Chiesa) si rischia di vivere certi aspetti della vita (la relazione con le cose, l’economia, la globalizzazione, la diversità di pensiero e di religioni...) come se la FEDE non bastasse, o non centrasse nulla.

Portando con sé Pietro, Giacomo e Giovanni, Gesù vuole indicarci l’integralità del vissuto della fede. Infatti questi tre Discepoli rappresentano la complessità e poliedricità dell’essere umano e della realtà. Solo la relazione con Dio (FEDE) e la relazione autentica con gli altri (DIALOGO) possono aiutarci ad affrontare e guardare questa complessità e poliedricità della vita. Forse è questa capacità che ci manca, che manca alla tribù dei politici per essere presenti nella storia in modo credibile e significativo.

Quel modo significativo che hanno vissuto Pietro, Giacomo e Giovanni dopo aver affrontato il CAMMINO della FEDE e l’invito a SCENDERE nella REALTA’ per viverla in pienezza e in condivisione con i loro compagni di viaggio.
Barikiwe
padre Paolo
Mccj
da Nairobi

Newsletter MissioGiovani n°12 2012/2013

mercoledì 13 febbraio 2013

La quaresima e la nuvola

Se la Quaresima non ci fosse nell’anno liturgico occorrerebbe inventarla. E prima ancora che per i cristiani... per gli uomini del nostro tempo, per questa fase storica che il nostro Paese sta vivendo ma anche per l’intero Occidente. Può sembrare ardito, forse un rigurgito di orgoglio. Eppure la Quaresima, che è un tempo eminentemente liturgico, risulta un dono alla società, alla nostra cultura. Parole come conversione, penitenza, digiuno e carità non ci appartengono in modo esclusivo. Esprimono atteggiamenti dell’animo, bisogni dello spirito e del corpo, ossia della persona, da essere un patrimonio umano. Andiamo alle loro radici, anzi all’unica radice che li giustifica anzitutto in ambito cristiano. È Gesù Cristo, la sua passione e morte che culminano immancabilmente nella risurrezione. Per noi significa fede e non una ideologia o un semplice aderire a dei valori. “All’inizio dell’essere cristiani - ci ha ricordato Benedetto XVI - non c’è una decisione etica, una idea, bensì l’incontro con un avvenimento, con una Persona”. Come dire che la Quaresima in quanto conversione è tornare a convergere in Cristo. È ripresa di fede, anzi di consapevolezza del dono ricevuto della fede. Il principio fondante la vita del credente cristiano è Cristo. Si dirà che è lapalissiano per i credenti. Ma pur i credenti subiscono la distrazione dall’essenziale, anche quando sono cristiani dell’impegno. E di Cristo ne ha bisogno la nuvola di questo tempo, che ha perso chiarezza d’intenti, di fini, di priorità. Nuvola perché sembra che non sappiamo come italiani e come europei da dove veniamo e particolarmente verso dove dobbiamo dirigerci. In Cristo vi è un senso fondamentale della vita, che Gesù ha interpretato in maniera assoluta. Si chiama amore, carità. La fede nasce dall’amore e genera amore. Che cosa domanda la gente alla politica, ai partiti, ai movimenti, alle alleanze in questa drammatica campagna elettorale? Amore e dedizione per questo Paese. Il che esige una conversione che ponga al centro la persona, la famiglia, il lavoro, l’economia intesa come attività di valore sociale e non individualistica. Sembra poesia, detto in questo modo. Ma guarda caso questo cambiamento, che in termini cristiani prende il nome di conversione, esige la confessione di un peccato, anzi di tre peccati simbolo, rappresentativi del male che è ben esplicitato nelle tre tentazioni a cui si sottopone Gesù. È il fascino perverso di tre poteri: quello politico (ti darò tutta questa potenza e la gloria di questi regni), quello economico (dì che queste pietre diventino pane), quello religioso sostituito dalla propria ragione (essi, gli angeli, ti sosterranno). Non è vero che necessitiamo di politici che badino a noi e non a se stessi e agli interessi di riferimento, d’imprenditori e banchieri con lo sguardo alla giustizia, di dirigenti e di scienziati che non pensino di essere Dio impadronendosi del genere maschile e femminile, del matrimonio, dell’inizio e della fine della vita. Attenzione però che queste brame non sono solo dei potenti. Esse s’annidano dentro ciascuno di noi. Cristo ha vinto le tentazioni con la preghiera. Indispensabile per i cristiani; fondamentale per tutti, laici compresi, quale pausa dello spirito, per ridonare umanità, autenticità. Essa deve accompagnarsi al digiuno e alla penitenza. Digiuno non come dieta ma quale presa di distanza dal potere del corpo su di noi. Penitenza come controllo del desiderio da cui nasce tanto il bene come il male. Non sono però in funzione di se stessi, quasi a mortificarci nelle nostre aspirazioni. Insieme alla preghiera servono a prepararci alla carità. Madre Teresa con le sue sorelle cominciava la sua giornata di soccorso ai poveri da una lunga adorazione. Giovanni Bosco, il santo della carità educativa, traeva forza nella sua nuova pedagogia per i ragazzi di strada e poveri, dalla preghiera notturna. Ugualmente sant’Ambrogio per la sua carità politica. Bernadette Soubirous visse di preghiera perché Lourdes divenisse il luogo della consolazione dalla sofferenza. Si perda tempo nella preghiera accompagnandola dal digiuno e penitenza perché da lì nasce la carità e il cambiamento di un Paese come della propria famiglia. 
(Bruno Cescon – SIR)

lunedì 11 febbraio 2013

Migranti, cittadinanza e accessibilità alla nostra società: un convegno ieri a Roma


Roma - Come si pone la società italiana nell’incontro con l’Altro? Siamo davvero così accoglienti come pensiamo, o molto di più si deve e può fare? A queste domande hanno risposto ieri il linguista Tullio De Mauro e il giovane Jojo, trentenne romano di origine eritrea. Fondazione IntegrA/Azione li ha messi a colloquio per esplorare l’accessibilità e la comprensibilità degli universi simbolici di identificazione. E cioè la lingua, i costumi, l’ambiente, la gestualità quotidiana, la ritualità che costituiscono le basi dell’identità culturale di ognuno. Tullio De Mauro e Josef Yemane Tewelde, questo il vero nome di Jojo, si sono incontrati sul palco del Teatro stabile d’Essai Due Roma. Il singolare appuntamento, dal titolo “Abitare i luoghi, abitare i linguaggi” vuole far emergere con forza tutte le contraddizioni che si annidano nel complesso processo di incontro e dialogo tra culture differenti. L’idea nasce in seguito alla pubblicazione della Guida Cittadinanza, un piccolo manuale (pagg. 156) tradotto nelle lingue straniere più diffuse (inglese, francese, arabo) e arricchito con molte immagini. Il testo vuole rappresentare, per chi è appena arrivato, un aiuto nella gestione autonoma della quotidianità e nel reperire facilmente le prime informazioni sul territorio, sull’ingresso e il soggiorno in Italia, sui documenti, sui servizi sanitari e sul sistema di protezione e tutele. “La presenza di cittadini di origine straniera in Italia – dichiara Rossana Calistri, direttore di Fondazione IntegrA/Azione - è in costante crescita, sono 5 milioni, molti di più se si considera quelli non censiti. Numeri importanti se si pensa a quante centinaia di persone si riversano sul nostro territorio in cerca di risposte, uomini e donne costrette a ricollocarsi socialmente in un ambiente estraneo e spesso criptico. Il compito di una società che sia davvero capace di accogliere sarebbe quello di intraprendere un primo passo verso l’altro, portando i cittadini stranieri a conoscenza dei loro diritti. Un primo passo necessario per garantire a tutti eguaglianza e libertà”. Perché questo accada – secondo Fondazione IntegrA/Azione - è importante pensare la mediazione come processo portato avanti dalle persone che elaborano, di volta in volta, diversi strumenti e strategie per entrare in relazione con gli altri, ognuno dei quali diverso da sé perché portatore di un mondo particolare.
Articolo preso da qui

martedì 5 febbraio 2013

Il concilio apre la chiesa al mondo: prospettive per la pastorale dei migranti


Non necessariamente occorrono gambe sane per danzare, noi danziamo da seduti


Kambia (Sierra Leone) – 05.08.1991

Carissimi bimbi di Fiorano, che avete fatto la prima Comunione, abbiamo gradito molto la vostra idea di ricordarci nel giorno della vostra festa.
Nelle foto vi abbiamo guardati tutti, uno per uno; ci apparite proprio belli nei vostri vestiti di festa. Guardando bene le vostre espressioni, ci sembrate anche tutti buoni e crediamo che lo siate di fatto.
Grazie per esservi fatti da noi conoscere!
Al momento non abbiamo una foto di noi tutti  da mandarvi, gradite questa con alcuni di noi. Non vi sembriamo belli anche noi? Qui ci vedete vestiti a festa, infatti la foto fu scattata al ritorno da Messa.
Quasi nessuno di noi è Cristiano, stiamo venendo a conoscenza di questa religione attraverso le attività caritative e l’evangelizzazione specifica dei missionari e volontari cristiani che vivono qui con noi. La religione che prevale qui è l’Islamismo. La nostra gente, quando parla e fa commenti sulle diversità delle due religioni, dice che i Musulmani pregano, i Cristiani aiutano il prossimo che è nel bisogno.

Qui al Centro di Riabilitazione siamo in un gruppo di 20, massimo 24. Non essendo molti per turno, ci sentiamo più in famiglia e ciascuno di noi riceve un’attenzione personale. Molti di noi che non potevano reggersi in piedi, ora camminano con l’aiuto di stampelle e apparecchi ortopedici. Altri vengono provvisti di carrozzella.
Impariamo a leggere, a scirvere, a cucire, a lavorare ad uncinetto, a fare scope, etc.
Di noi si prendono cura le Sorelle Missionarie Saveriane, le quali si fanno premura di insegnare alla nostra gente sierra leonese come assisterci in modo adeguato.

La nostra giornata trascorre così.
Ci alziamo alle ore 7:00 e ciascuno di noi si sforza di rendersi autosufficiente per quanto riguarda la pulizia personale. I più piccolini vengono aiutati da noi grandicelli, mentre la donna che ci fa assistenza si dà da fare per asciugare sotto i letti di coloro che durante la notte non hanno avuto un buon controllo dell’acquedotto (sic!).
Ci raccogliamo per un breve momento di preghiera usando la preghiera dei Cristiani: il Padre Nostro. A volte qualcuno di noi aggiunge la preghiera musulmana.
Riceviamo per colazione una granaglia che si chiama “bulgar”, in inglese, a noi piace, soprattutto se nel cucinarla all’olio di palma e sale aggiungono del pepe.
Consumiamo il nostro pasto in fretta, poi ci armiamo tutti di scopini, quelli fatti da noi, e ripuliamo tutto il Centro, compreso il grande cortile. Ci piace sbrigare in fretta questa faccenda dello scopare perché abbiamo sempre un occhio fisso al nostro centro d’interesse: il pallone. Una pallonata tra un’attività e l’altra dà un certo tono!
Alle 8:15 coloro che vanno alla scuola pubblica, e sono in 4, partono con le loro stampelle o vengono spinti in carrozzella. Sono i compagni di scuola che godono salute che vengono a prendere i loro amici handicappati.
Coloro che non seguono la scuola pubblica, si preparano per gli eercizi di fisioterapia. A turno tutti riceviamo il trattamento, mentre negli intervalli ci vengono date lezioni nelle materie sopracitate.
Alle ore 13:00 ci viene preparato un piatto di riso, così pure la sera. Abbiamo tutti i giorni lo stesso menù, è nostro costume africano. Dopo pranzo facciamo la doccia, riposiamo un po’ e poi giochiamo fino a sera eccetto due orette di studio ed attività.
Dopo cena, o al chiarore della luna, o alla luce della lampada a petrolio, ci sediamo in cerchio e ci raccontiamo delle favole. Nel racconto tutti siamo partecipi perché, mentre uno racconta gli altri cantano un ritornello a forma di nenia. Capita spesso che tra di noi c’è qualcuno abile nel suonare il tamburo, allora ci lasciamo andare alla danza. Non necessariamente occorrono gambe sane per danzare, noi danziamo da seduti e poi c’è Santigie che piroetta: gambe per aria e braccia in terra, così, a testa in giù.
Alle ore 21:00 di solito ci corichiamo, felici e contenti della giornata trascorsa insieme.

Spesso le sorelle missionarie ci invitano a ringraziare Dio, al termine della giornata, per quella gente che ci aiuta a vivere in serenità. A sentire loro pare che siano tante le persone generose, grandi e piccoli e tra questi ci siete anche voi.
Siamo contenti di avere conosciuto voi, che siete “cristiani” e quando reciteremo il Padre Nostro vi penseremo.
Usando l’espressione della nostra lingua Temme, vi diciamo: “Mo-moh nu”; grazie a tutti voi. Saluti anche ai vostri Catechisti e al vostro Parroco.
Siamo i bimbi del Centro di Riabilitazione.

Aggiungo i miei saluti, come vostra concittadina. Ho un certo senso di orgoglio per i miei Fioranesi!
Ciao
Agnese Chiletti


domenica 3 febbraio 2013

Nascita e scopo del Gruppo Missionario di Fiorano


NASCITA

Il campeggio delle famiglie tenutosi a Fai nell'agosto 1989 è servito, fra le altre cose, a riconsiderare e fare propria un'idea lanciata dal nostro parroco nello stesso campeggio dell'anno precedente. Questa l'idea iniziale: adottare economicamente un seminarista di un paese cosiddetto "povero".
Bene! Questa iniziativa, anche se in ritardo di un anno, è stata non solo recepita ma è servita ad alcuni per meditare e valutare l'opportunità di creare in parrocchia un vero e proprio "gruppo missionario". Anche se un pò in sordina, eravamo veramente pochi, questo gruppo si è incontrato per la prima volta lunedì 15 gennaio ed ha subito voluto darsi un primo concreto obiettivo: realizzare entro l'estate proprio "l'idea" iniziale, adottare cioè un seminarista indiano.
Tre appuntamenti proprio per raccogliere i fondi:
- domenica 25 febbraio al mattino tra le S.Messe, bancarella da noi allestita e  "farcita"
- il 24 marzo, alla sera, "grande tombolata" (ricchi premi) nel Salone del Pellegrino
- verso la fine di aprile, sempre al sabato sera, grande ritorno della ormai nota compagnia dialettale fioranese "La Fameia"
A questo punto dovrei parlare delle motivazioni che hanno portato alcune persone a volere un "gruppo missionario": credo che un bollettino intero non basterebbe a contenerne neanche una minima parte. Vi aspettiamo quindi numerosi al prossimo incontro lunedì 12 febbraio alle salette (per ora) alle ore 20.30 dopo la S. Messa
In seguito gli incontri si terranno ogni secondo lunedì del mese (probabilmente in nuovi locali).
Dai bambini del catechismo ai nonni della casa di riposo TUTTI hanno importanti motivi per partecipare a idee e ad argomenti su cui confrontarsi e da sviluppare.


SCOPO

Lo scopo del gruppo è di sensibilizzare la comunità alla missione ed alla missionarietà, in particolare aiutare concretamente i missionari fioranesi e sovlgere altre opere missionarie attraverso iniziative programmate dal gruppo stesso.



Bollettino parrocchiale, genniaio1992